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Addio Giuseppe Rinaldi (in italiano)

Giuseppe “Beppe” Rinaldi, uno dei produttori più rispettati delle Langhe, è scomparso domenica 2 settembre all’età di 70 anni. E Barolo non sarà più la stessa senza di lui.

© Paolo Tenti | Giuseppe Rinaldi in 2013

Un appassionato difensore del Barolo artigianale e tradizionale, Beppe, soprannominato anche Citrico per la sua schietta, acida franchezza e senso dell’umorismo, ha creato Baroli sensuali e profumati che vantano sensazioni floreali, terrose, di bacche rosse insieme a sentori minerali che solo il Nebbiolo piantato nelle migliori vigne e non forzato in cantina può produrre (qui trovate le mie recensioni dei suoi Barolo 2009-2013).

Un appassionato difensore del Barolo artigianale e tradizionale, Beppe, soprannominato anche Citrico per la sua schietta, acida franchezza e senso dell’umorismo, ha creato Baroli sensuali e profumati che vantano sensazioni floreali, terrose, di bacche rosse insieme a sentori minerali che solo il Nebbiolo piantato nelle migliori vigne e non forzato in cantina può produrre.

Beppe rimaneva l’unico superstite del trio del Barolo soprannominati gli ultimo Mohicani. Il gruppo, che comprendeva i compianti Bartolo Mascarello e Teobaldo Cappellano, era un fedele difensore dei Baroli classici di territorio. Si unirono quando la “guerra del Barolo” imperversava tra i tradizionalisti e i cosiddetti modernisti: questi ultimi usavano i fermentatori rotanti e invecchiavano i vini in barriques nuove, mentre i tradizionalisti prediligevano lunghe macerazioni post-fermentative e l’affinamento in grandi botti di rovere di Slavonia.

Beppe, Bartolo e Teobaldo alla fine hanno vinto quella guerra: in questi giorni la maggior parte dei produttori si è allontanata dalle pratiche aggressive di vinificazione e ha adottato tecniche di cantina meno invasive che esaltano le caratteristiche floreali, di piccoli frutti rossi e balsamiche del Nebbiolo. Ma Beppe passò alla successiva battaglia, quella di difendere i luoghi vitali del Barolo. Lui, insieme a Maria Teresa Mascarello ed Enzo Brezza, ha coraggiosamente sfidato l’establishment per difendere i vigneti storici del Barolo, in particolare il vigneto Cannubi. Come mi ha detto nel 2013, durante un’intervista per il mio libro su Barolo e Barbaresco: “Oggi i produttori di Barolo hanno piantato vigneti in aree in cui i nostri nonni non avrebbero mai immaginato di piantare il Nebbiolo.”

Con il medesimo nome di suo nonno paterno Giuseppe, che fondò l’azienda nel 1890, Beppe, dopo gli studi da veterinario, imparò l’arte della vinificazione e della viticoltura dal padre Battista, che si diplomò con lode alla Scuola Enologica di Alba. Nella loro villa alla periferia di Barolo, in cantine cavernose dominate da botti di rovere di Slavonia, troverai tutte le passioni di Beppe: una sedia primitiva fatta di barrique usate, con un cartello scritto a mano: “Il miglior uso della Barrique “, e in un’altra area a latere delle cantine di vinificazione e invecchiamento, due interi locali pieni di vecchie Lambretta in vari stadi di restauro e casse piene di pezzi.

Ma più di tutto la passione di Beppe consisteva nel fare in modo che i suoi vini esprimessero al meglio i rispettivi vigneti e le caratteristiche proprie di ciascuna vendemmia. A tal fine ha evitato le tecnologie di cantina più moderne, compresi i lieviti selezionati. “Non ho bisogno di lieviti selezionati. Prima che i lieviti selezionati fossero inventati, il vino fermentava spontaneamente. Ho semplicemente lasciato che la natura facesse il suo corso”, mi ha detto nel 2008. Non ha mai usato prodotti chimici nei suoi vigneti, che sono tra i siti più ambiti della denominazione: Cannubi San Lorenzo, Brunate, Ravera e Le Coste.

Ma al di sopra e al di là del suo terroso e sentimentale Barolo, Beppe aveva un carisma che poteva muovere gli eserciti, e ha marciato al ritmo di un diverso tamburino in tutti i sensi. In diverse occasioni, venivo a casa sua e, camminando attraverso l’elegante salotto, trovavo una delle sue motociclette parcheggiate di fronte agli eleganti divani, perché, come disse una volta a sua moglie Annalisa, “Stava piovendo ieri sera”.

Beppe era una di quelle rare anime che dicevano quello che pensava e combatteva duramente per ciò in cui credeva e non gli interessava di ottenere l’approvazione delle sue idee. E quando l’hai incontrato, anche se inizialmente non eri d’accordo con lui, poi non hai mai guardato il Barolo nella stessa luce di prima.

© Paolo Tenti | Barolo Giuseppe Rinaldi Brunate Le Coste 2009

Per fortuna le sue figlie, Marta, laureata in enologia all’Università di Torino e Carlotta, laureata in agronomia, hanno lavorato per anni con il padre. Il futuro dell’azienda è in ottime mani.

Ho scoperto per la prima volta che Beppe era malato ai primi di giugno e, mentre ero in Piemonte lo scorso fine settimana, avevo sentito che purtroppo le cose non stavano andando troppo bene. Sabato abbiamo condiviso una bottiglia di Barolo Brunate – Le Coste 2009 con amici e, anche in questa difficile annata, Beppe ha tirato fuori un capolavoro.

Addio Beppe, ci mancherai.

 

Last modified: December 20, 2023